Non tutti sanno che i Monti Sibillini nascondono, da molti secoli, uno dei segreti più misteriosi ed affascinanti della nostra penisola: l’enigma della Sibilla Appenninica, oggetto di viaggi ed esplorazioni, sin dal XV° sec., da parte di illustri studiosi, avventurieri senza scrupoli e letterati di chiara fama. Il Monte Sibilla ha sempre esercitato un fascino sinistro ed ambiguo sull’immaginazione dei popoli di tutta Europa, sensibili al richiamo della leggenda che faceva di quella vetta la magica residenza di un antico oracolo, chiamato Sibilla, proprio come le profetesse dell’età classica.
In effetti, in prossimità della cima del monte, c’è una grotta: il punto d’ingresso verso le profondità sconosciute della montagna, dove la Sibilla vivrebbe in uno splendido palazzo sotterraneo, circondata da preziosi tesori e damigelle dalla bellezza incantatrice. Il primo a raccontare questa storia fu, nel 1430, Andrea da Barberino, con il suo romanzo “Guerrin Meschino“, opera fortunatissima che conobbe una vasta diffusione in tutta Europa. Pochi anni più tardi, sarà poi il gentiluomo provenzale Antoine de La Sale a narrare, nella sua opera “Il Paradiso della Regina Sibilla”, di un suo viaggio compiuto fin sulla cima del Monte della Sibilla in cerca della grotta, con un resoconto sospeso tra la cronaca giornalistica ante litteram e la magia delle leggende che circondavano, già da tempo, la cima di quella montagna. E con queste leggende si cimenteranno poi geografi fiamminghi, notissimi uomini di lettere come l’Ariosto, famosi letterati quali Flavio Biondo e Leandro Alberti, nonché schiere di cavalieri, nobili ed avventurieri che si recheranno sulla cima del monte per tentare di fare ingresso in quel mondo fatato e meraviglioso. Molti, senza farne più ritorno. Oggi, l’ingresso della grotta è crollato e appare inaccessibile, a causa dei numerosi tentativi, compiuti nel XX° sec., di forzarne l’ingresso utilizzando potenti esplosivi. Ma la magia è ancora intatta poiché nel 2000 alcuni ricercatori hanno compiuto indagini geognostiche sulla vetta della montagna, facendo uso di tecnologie avanzate quali la misurazione degli echi radar, restituendo come responso “cavità presenti nel sottosuolo”. La Sibilla, insomma, è ancora lì. E il suo richiamo può essere ancora udito, quando il sole si nasconde oltre le creste del Monte Vettore, nella meravigliosa luce del tramonto dei Monti Sibillini; e il Monte della Sibilla, montagna coronata di roccia, consacrata ad un’antica divinità, viene avvolto dalle ombre della sera in attesa che un nuovo esploratore, animato dallo stesso sogno vivo ormai da molti secoli, possa violarne finalmente il segreto così ben custodito.
Michele Sanvico, autore del romanzo “Abyssus Sibyllae – Il cacciatore di sibille“, 2010
In effetti, in prossimità della cima del monte, c’è una grotta: il punto d’ingresso verso le profondità sconosciute della montagna, dove la Sibilla vivrebbe in uno splendido palazzo sotterraneo, circondata da preziosi tesori e damigelle dalla bellezza incantatrice. Il primo a raccontare questa storia fu, nel 1430, Andrea da Barberino, con il suo romanzo “Guerrin Meschino“, opera fortunatissima che conobbe una vasta diffusione in tutta Europa. Pochi anni più tardi, sarà poi il gentiluomo provenzale Antoine de La Sale a narrare, nella sua opera “Il Paradiso della Regina Sibilla”, di un suo viaggio compiuto fin sulla cima del Monte della Sibilla in cerca della grotta, con un resoconto sospeso tra la cronaca giornalistica ante litteram e la magia delle leggende che circondavano, già da tempo, la cima di quella montagna. E con queste leggende si cimenteranno poi geografi fiamminghi, notissimi uomini di lettere come l’Ariosto, famosi letterati quali Flavio Biondo e Leandro Alberti, nonché schiere di cavalieri, nobili ed avventurieri che si recheranno sulla cima del monte per tentare di fare ingresso in quel mondo fatato e meraviglioso. Molti, senza farne più ritorno. Oggi, l’ingresso della grotta è crollato e appare inaccessibile, a causa dei numerosi tentativi, compiuti nel XX° sec., di forzarne l’ingresso utilizzando potenti esplosivi. Ma la magia è ancora intatta poiché nel 2000 alcuni ricercatori hanno compiuto indagini geognostiche sulla vetta della montagna, facendo uso di tecnologie avanzate quali la misurazione degli echi radar, restituendo come responso “cavità presenti nel sottosuolo”. La Sibilla, insomma, è ancora lì. E il suo richiamo può essere ancora udito, quando il sole si nasconde oltre le creste del Monte Vettore, nella meravigliosa luce del tramonto dei Monti Sibillini; e il Monte della Sibilla, montagna coronata di roccia, consacrata ad un’antica divinità, viene avvolto dalle ombre della sera in attesa che un nuovo esploratore, animato dallo stesso sogno vivo ormai da molti secoli, possa violarne finalmente il segreto così ben custodito.
Michele Sanvico, autore del romanzo “Abyssus Sibyllae – Il cacciatore di sibille“, 2010
Nessun commento:
Posta un commento