Le ragioni della presenza così diffusa
di frane sull'appennino romagnolo, che spesso impropriamente
chiamiamo “dissesto idrogeologico”,
attribuendo a esso implicitamente una
caratteristica di “squilibrio” rispetto a
una condizione ideale in cui le frane
non dovrebbero esistere, risiedono
innanzitutto nella conformazione
geologica dell’Appennino settentrionale.
È notevole infatti la presenza pervasiva
di rocce con una forte componente di
minerali argillosi, che plasticizzandosi
in presenza di acqua abbassano la loro
resistenza allo scivolamento, ponendo
quindi le premesse per l’innesco di frane.
A ciò va aggiunta l’eterogeneità e la
debolezza strutturale delle rocce, figlie
della dinamica tettonica dell’Appenino,
che le ha piegate, fagliate e fratturate,
indebolendole ulteriormente. Peraltro
le spinte tettoniche agiscono tuttora
sollevando l’Appennino di alcuni mm
l’anno, sufficienti a regalarci un paesaggio
e un rilievo morfologico su cui i processi
di degradazione, sia fluviale che di
versante, possono agire in modo ottimale.
Tra le cause scatenanti i fenomeni
di dissesto quella assolutamente
predominante è la presenza di acqua nella
massa di terreno, che ha la capacità di
abbassare le forze resistenti sul versante
o sul manufatto coinvolto; la quantità di
acqua presente varia stagionalmente e
raggiunge i suoi massimi in concomitanza
di o subito dopo precipitazioni intense e
abbondanti, o fusione di neve.
Per quanto riguarda lo specifico rischio
della viabilità la principale azione
dovrebbe essere quella di mantenere
un’adeguata manutenzione ordinaria
e straordinaria, a partire dalla tenuta
in efficienza degli scoli di drenaggio,
per arrivare alla difesa preventiva
delle scarpate di monte delle strade,
e al mantenimento di una corretta
regimazione delle acque sui versanti, che
deve necessariamente essere a carico dei
proprietari dei terreni, come peraltro
previsto dalle leggi nazionali e regionali e
dalle norme regolamentari comunali.
Nel caso del rischio da frana, più che
in altri, occorre quindi un corretto
governo del territorio, con azioni
ordinarie di pianificazione urbanistica
e di manutenzione delle opere e delle
coltivazioni, lasciando agli interventi
di sistemazione dei versanti un
ruolo residuale di superamento delle
emergenze in atto e di risoluzione di
problemi originati in un’epoca in cui la
consapevolezza della fragilità del nostro
Appennino era inferiore a quella attuale.
Fonte. Marco Pizziolo, Giovanna Daniele
/ Regione Emilia-Romagna
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