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mercoledì 24 febbraio 2016

Terreni fragili

Le ragioni della presenza così diffusa di frane sull'appennino romagnolo, che spesso impropriamente chiamiamo “dissesto idrogeologico”, attribuendo a esso implicitamente una caratteristica di “squilibrio” rispetto a una condizione ideale in cui le frane non dovrebbero esistere, risiedono innanzitutto nella conformazione geologica dell’Appennino settentrionale. È notevole infatti la presenza pervasiva di rocce con una forte componente di minerali argillosi, che plasticizzandosi in presenza di acqua abbassano la loro resistenza allo scivolamento, ponendo quindi le premesse per l’innesco di frane. A ciò va aggiunta l’eterogeneità e la debolezza strutturale delle rocce, figlie della dinamica tettonica dell’Appenino, che le ha piegate, fagliate e fratturate, indebolendole ulteriormente. Peraltro le spinte tettoniche agiscono tuttora sollevando l’Appennino di alcuni mm l’anno, sufficienti a regalarci un paesaggio e un rilievo morfologico su cui i processi di degradazione, sia fluviale che di versante, possono agire in modo ottimale. Tra le cause scatenanti i fenomeni di dissesto quella assolutamente predominante è la presenza di acqua nella massa di terreno, che ha la capacità di abbassare le forze resistenti sul versante o sul manufatto coinvolto; la quantità di acqua presente varia stagionalmente e raggiunge i suoi massimi in concomitanza di o subito dopo precipitazioni intense e abbondanti, o fusione di neve.
Per quanto riguarda lo specifico rischio della viabilità la principale azione dovrebbe essere quella di mantenere un’adeguata manutenzione ordinaria e straordinaria, a partire dalla tenuta in efficienza degli scoli di drenaggio, per arrivare alla difesa preventiva delle scarpate di monte delle strade, e al mantenimento di una corretta regimazione delle acque sui versanti, che deve necessariamente essere a carico dei proprietari dei terreni, come peraltro previsto dalle leggi nazionali e regionali e dalle norme regolamentari comunali. Nel caso del rischio da frana, più che in altri, occorre quindi un corretto governo del territorio, con azioni ordinarie di pianificazione urbanistica e di manutenzione delle opere e delle coltivazioni, lasciando agli interventi di sistemazione dei versanti un ruolo residuale di superamento delle emergenze in atto e di risoluzione di problemi originati in un’epoca in cui la consapevolezza della fragilità del nostro Appennino era inferiore a quella attuale. 
Fonte. Marco Pizziolo, Giovanna Daniele / Regione Emilia-Romagna

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