Golosità cara a tanti romagnoli di un tempo che acquistavano i lupini versati a calibrato bicchiere nel cono di carta gialla, dall'omino o dalla vecchietta rispettivamente col mastello di legno posato sul carretto con altre golosità, dolciumi frutta secca o altro (arachidi (bagigi), semi di zucca (brustoline), i sabadon (tortelli con la saba), mistuchein e castagnaccio (dolci di castagne), é burlèngh (migliaccio, dolce con il sangue di maiale), i sugal (mosto e farina), davanti al cinema di paese, allo Stadio, nelle piazze. In effetti i lupini si tratta di una pianta erbacea, leguminosa, coltivata per uso agricolo, i cui semi vengono e venivano recuperati. Per eliminare la connaturata tossicità vengono prima macerati in acqua - un tempo acqua piovana - raccolta con cura per vari usi casalinghi oppure dal pozzo, ricca di sali e sostanze ferrose; poi i lupini vengono bolliti in acqua salata e quindi mangiati. Nelle case contadine di un tempo si preparavano in occasione del periodo pasquale, considerando altresì un consumo vagamente esotico.
Fonte: Le cucine di Romagna: Storia e ricette
di Graziano Pozzetto
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