Sì....... perchè quello che rende tutta tonda
l'esperienza rando è questa capacità logistica e organizzativa che nasce da
lontano, nelle lunghe ricerche invernali sulle luci, le pile, il gps, la bici,
la sella, i vestiti ecc, ecc. Risulta abbastanza facile salire su una bici da
corsa e farsi il classico giro della domenica da 4-5 ore con banana, giacca e
via, invece decidere l'equilibrio ideale tra confort e peso delle borse è
un'arte a se stante. Qui l'esperienza è fondamentale ed è bello mettersi alla
prova, trovare soluzioni individuali che rendono ogni rando-bici diversa
dall'altra. Se guardi una normale granfondo o anche il giro della domenica in
gruppo farai fatica a notare delle differenze sostanziali tra i vari
partecipanti ma se fai un giro prima di un brevetto over 1000 noterai subito le
diverse filosofie che sprizzano da ogni bici e da ogni randagio. Credo che
queste storie, questi quadri in movimento rappresentino proprio la bellezza e
l'unicità del randagio, del ciclista che sfida il buon senso e la normalità del
quotidiano vivere e pedalare per provare ad andare oltre, scoprendo che questi
presunti limiti non sono che alcune delle convenzioni, delle maschere dietro le
quali viviamo la nostra vita massificata. Pedalare così diventa, se mi si passa
la metafora, una forma d'arte anzi una delle forme d'arte più pure nelle quali
le emozioni, la gioia, il dolore non sono finte, non sono rappresentate e
simulate ma interiormente vissute. Capisci così come mai un australiano o un
brasiliano possano attraversare l'oceano per fare un giro in bicicletta che non
rappresenta tanto o solo una bella scusa per vedere da vicino una pezzettino del
mondo ma una tappa nella propria crescita, un tipo di sfida che è difficile
trovare da quando draghi alati, castelli incantati e principesse non si
incontrano più tanto facilmente tra le scale mobili della metropolitana o nelle
aride pagine dei social network...
Fonte: http://randovitriol.blogspot.it/
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