Gli oggetti usati dai detenuti e gettati nello scarico della prigione durante l’epidemia del 1855, aprono una finestra sul passato di Lugo e sulle vicende della Rocca e dei suoi carcerati. La mostra, Ai tempi del colera visitabile dal 12 aprile 2014 al 22 gennaio 2015, ricostruisce le vicende umane e giudiziarie di alcuni detenuti del XIX secolo incrociando i dati d’archivio con i graffiti incisi sulle brocche e sui catini usati in cella. Un nome, una data, a volte solo un’iniziale, il segno che si è esistiti e, quel che è peggio, passati da lì. Figli di un reato minore, certo, perchè altrimenti finivano nel carcere di Ferrara, ma comunque galeotti, tradotti in cella per furto, ricettazione, simpatie rivoluzionarie o patriottiche. Ci sono casi in cui, se piove, diluvia: alcuni di loro hanno dovuto patire due volte, la gattabuia e il vibrione, una stanza umida, malsana, sovraffollata e promiscua in cui è facile soccombere al contagio. Eppure, proprio il colera li ha sottratti all’oblio. Gli scavi archeologici effettuati nella Rocca di Lugo hanno portato in luce il condotto usato come immondezzaio delle prigioni pontificie ubicate nel torrione, il Mastio di Uguccione. Da questo scarico provengono i reperti protagonisti, con documenti e lettere d’archivio, della mostra.L'esposizione propone circa 150 oggetti usati dai detenuti e buttati in occasione dell’epidemia di colera del 1855. Si tratta per lo più di brocche, catini, ciotole, piatti in ceramica ingobbiata e invetriata, fiasche, pitali, pentole e pedine da gioco, manufatti quasi tutti ottocenteschi, salvo un’esigua selezione di materiali dei secoli precedenti (XVII-XVIII) tra cui pentole da fuoco in ceramica invetriata e piatti in smaltata bianca o azzurra, tipo “Senigallia”. L’interesse di questo materiale sta nei graffiti incisi dai carcerati, talora il nome, la provenienza, segni devozionali come piccole croci, a volte solo una tacca o il lento scorrere degli anni di detenzione, 1835, 1836, 1837... con il 1854 terminus post quem. Ricerche d’archivio su queste incisioni hanno permesso di ricostruire le vicende personali e giudiziarie di alcuni detenuti, fornendo al tempo stesso uno spaccato di vita lughese alla vigilia dell’annessione al Regno di Sardegna. La mostra è promossa dal Comune di Lugo e Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con Comitato per lo studio e la tutela dei beni storici di Lugo. La mostra, curata dalle archeologhe della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna, Chiara Guarnieri e Claudia Tempesta, e da Antonio Curzi del Comune di Lugo, rientra nell'iniziativa "Quante storie nella Storia" promossa dalla Soprintendenza Archivistica per l'Emilia-Romagna dal 5 all'11 maggio 2014.
Fonte: http://www.romagnadeste.it/