Domande molto intriganti perché spesso nascondono pregiudizi e luoghi comuni difficili da estirpare. Domande molto interessanti per chi pedala, perché coinvolgono - in definitiva - l'intera teoria ciclistica e, in particolare, quella parte che riguarda la posizione sulla macchina ed il rendimento ottimale della pedalata. Partiamo da alcuni dati di fatto.
Oggi le pedivelle più diffuse sono quelle lunghe 170 mm.
I perché svariano dall'abitudine al conformismo, dall'esperienza consolidata, al timore della novità, ma non hanno una vera e propria ragione tecnico-scientifica. Non esiste ancora da noi, infatti, un modello teorico di riferimento del ciclista e del suo rendimento ottimale in bici che sia affidabile. Di rado la scelta della misura viene fatta rispettando i canoni amtropometrici del ciclista. Anzi. Si va per sentito
dire, per usi e tradizioni abitudinarie, talvolta non del tutto condivisibili. O superate dall'evoluzione dei tempi. Spesso si dà più rilievo ad una verniciatura, ad un particolare estetico piuttosto che a questo componente. Come se da esso, da questa piccola, importantissima leva non dipendesse gran parte del nostro rendimento, quindi della nostra soddisfazione in sella. Eppure su di un dato la maggior parte degli esperti è d'accordo:
dire, per usi e tradizioni abitudinarie, talvolta non del tutto condivisibili. O superate dall'evoluzione dei tempi. Spesso si dà più rilievo ad una verniciatura, ad un particolare estetico piuttosto che a questo componente. Come se da esso, da questa piccola, importantissima leva non dipendesse gran parte del nostro rendimento, quindi della nostra soddisfazione in sella. Eppure su di un dato la maggior parte degli esperti è d'accordo:
La lunghezza della pedivella dev'essere scelta in relazione alle quote degli arti inferiori
Una teoria, però, che trova poca attuazione pratica.
Fra le tante tabelle che segnalano la lunghezza delle pedivelle in funzione dell'altezza del cavallo che va misurato a piedi scalzi e gambe appena appena divaricate, abbiamo scelto di proporre quella che Bernard Hinault segnala nel suo libro "Ciclismo sui strada" (Sperling e Kupfer, 1989), perchè nel tempo si è rivelata la più "praticabile" attraverso l'esperienza di numerosissimi atleti.
Tratto da: http://www.sportpro.it
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