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mercoledì 4 marzo 2015

Rio Sanguinario

Dopo il Senio ed il Canale dei Molini è il terzo corso d’acqua di Castel Bolognese. Anzi, come già ho riferito in un precedente scritto, qualche geologo sostiene che, anticamente, il Senio proseguisse il suo corso dopo Riolo Terme lungo l’attuale vallata del Rio Sanguinario, mentre l’odierno corso del Senio sarebbe stato in realtà quello della Sintria. Sconvolgimenti geologici avrebbero ostruito la valle del Senio presso Riolo e, di conseguenza, le acque di quel fiume avrebbero trovato il loro sfogo disegnando un nuovo alveo sotto Cuffiano fino a catturare il corso della Sintria che, così, da allora, divenne affluente del Senio. Al di là di queste suggestive ipotesi, la valle del Rio Sangiunario, che segna il confine tra i comuni di Castel Bolognese ed Imola e le province di Bologna e Ravenna, è molto bella ed ampia, ricca di campi ben coltivati e di boschi che rendono pittoresco questo scorcio di Romagna vigilato dalle vette di Monte Mauro e Monte Battaglia, ingentilito dalle belle chiese della Serra e di Bergullo che quasi si fronteggiano dalle due rive. Il rio comincia in quattro piccoli fossati tra Pediano e Mazzolano cui se ne uniscono altri quattro diversi, oltre i Rii Mazzolano e Pasina; quindi dirigendo il suo corso fra Bergullo e la Serra giunge alla Via Emilia alla Torretta, proseguendo verso Zello a sinistra e Castel Nuovo a destra, scaricando poi le sue acque nel Santerno. Incerta è l’origine del toponimo. Secondo alcuni il rio avrebbe preso questo nome a ricordo di una cruenta battaglia combattuta nel 1138 tra Faentini e Bolognesi da una parte, Imolesi e Ravennati dall’altra nella quale le acque si tinsero di rosso per l’enorme spargimento di sangue provocato dall’elevato numero di morti che, tra l’altro, rimasero insepolti per lungo tempo. Nel letto del Rio Sanguinario, all’altezza del podere “Costa”, proprio sotto le chiese di Serra e Bergullo ci sono alcuni soffioni, o vulcanetti detti in dialetto “i buldur”, attivi e soggetti a spostamenti. Il nome descrive perfettamente la loro attività: essi si presentano al visitatore come coni tronchi, alti circa venti centimetri, simili alla sommità d’un cratere vulcanico. Da esso scola, lungo il piano inclinato del tronco una fanghiglia liquida. L’interno di questi crateri è sempre umido; ogni minuto circa si alza dal fondo una bolla di fanghiglia grigiastra che si eleva sino alla bocca e qui, rompendosi sprigiona gas con un modesto rumore, simile a quello provocato dallo stappo di una bottiglia di vino. Il fenomeno è simile a quello della marmellata o della polenta in ebollizione ed è provocato dal gas metano. La fanghiglia è invece fredda e da sempre è stata utilizzata per curare gli uomini e gli animali da forme artritiche, postumi di fratture o traumi; oggi viene utilizzata a scopo terapeutico dalle Terme di Riolo.

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