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lunedì 11 marzo 2013

Eliopoli

Archivio storico del Comune di Firenze
Marchino era un boia tenero di cuore: delle sue vittime, esaudiva l’estremo desiderio: “Mezza libra di confetti et un fiasco di vino per detti appicchati”. In uno dei borghi più intensi d’Italia, Terra del Sole (otto chilometri da Forlì, comune di Castrocaro), c’è un archivio criminale unico al mondo e forse il più integro; spazia dal 1579 al 1772, è completo di ogni dettaglio: denuncia, interrogatori, torture per far confessare, cronache dei processi e delle pene. Per una storia abbastanza terribile, che ancora oggi fa tremare i polsi, un luogo splendido e incredibilmente quasi ignoto: Terra del Sole, un piccolo bonbon, 400 metri per 300. Intatte le mura: due chilometri di perimetro, alte dodici metri e mezzo; due borghi simmetrici di case a schiera: lunghe novanta metri e alte nove (quanto sono larghe le strade); casematte sotterranee sui quattro baluardi stellati agli angoli delle mura; i castelli del “capitano di piazza” e di quello “delle artiglierie”, a proteggere le due porte; sulla Piazza d’armi, la chiesa di Santa Reparata fronteggia il Governatorato. Nel palazzo, intense le carceri: celle segrete totalmente graffite (un altro prodigioso archivio), la “stanza del tormento”, i primi esempi di tortura psicologica; ne parleremo tra breve. Un’edilizia pienamente toscana nel cuore della


Romagna: Terra del Sole nasce come Eliopoli, “città ideale” commissionata nel 1564 da Cosimo I de’ Medici a quel famoso architetto che fu Baldassarre Lanci, con il palazzo più importante firmato da Bernando Buontalenti. Ed è ancora così: poco adulterata, a parte due brecce ottocentesche nelle mura, per una strada che andrebbe sul serio deviata. Non erano tempi tranquilli: in dieci anni, Cosimo il Grande edifica altrettante fortezze. E tranquilli non erano nemmeno i dintorni: marca di confine, lo Stato Pontificio appena oltre un fiumiciattolo, tanti banditi, non pochi reati. Terra del Sole è il capoluogo della “Romagna Fiorentina”: città militare, sede di corte d’appello. In oltre 1.500 filze, centinaia di migliaia di pagine: uno degli archivi più prodigiosi. Processi, pagamenti, costituzioni: la cronaca e i costumi di due secoli e mezzo d’una piccola comunità. Il palazzo dei governatori conserva, scolpiti o dipinti, gli stemmi di quelli che vi si sono succeduti. E anche le celle: due pubbliche, sette “criminali”. Queste ultime, anguste, usci blindati alti un metro e 20, talora senza finestre e comunque, invisibili dall’esterno: vi si accedeva, a metà strada tra l’aula del giudizio e quella “del tormento”, da una scala a doppia elicoide, due spirali separate, un metro e mezzo di larghezza totale. L’intera parete di fondo di una cella da cinque posti è monopolizzata da un paesaggio a sanguigna, forse Livorno, col mare e le navi, percorso da una grande scritta: “Ricorda”; sulla volta a botte alta due metri e mezzo, invece, una grande croce nera con i simboli della tortura e tante altre croci più piccole che convergono verso quella maggiore. In un’altra, un ammonimento: “Non entrar qui per dir non lo dirò, che tanto ‘l dirai, voja tu o no”. In un’altra ancora, un lamento: “La verità detta non volean la dicessi”. Qualcuno è stato “messo in secreta per prova”; dappertutto nome e date, il calcolo graffito dei giorni che scorrono. La giustizia del grande Cosimo nella sua “città ideale” è ancora da indagare sistematicamente: con l’aiuto dell’Istituto Beni culturali della Regione, sta nascendo un “museo dei percorsi delle secrete”, affidato a Pier Luigi Cervellati e “vogliamo costituire un centro di documentazione europeo sulla carcerazione”, spiega l’assessore Claudio Torrenzieri. Ma quanto è stato studiato, è estremamente eloquente. Giustizia come deterrente……

Fonte ed autore : Fabio Isman inviato Il Messaggero


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