Il terzo libro dei Sonetti
Romagnoli scritto da Olindo Guerrini si distingue dalla produzione dialettale
per l’argomento affrontato; il Guerrini racconta infatti di un viaggio in
bicicletta che lo portò, nel 1903,
a percorrere le strade del nord del paese sulle due
ruote, seguendo un itinerario che, partendo da Ravenna e attraversando
l’Emilia, lo portò in Piemonte, in Lombardia e in Veneto, riportandolo,
attraverso Ferrara, nel ravennate.
Per quel che riguarda la datazione del viaggio, sorgono dubbi sulle affermazioni di Guido Guerrini nella prefazione ai Sonetti Romagnoli (1920, XXXVI-XXVII), il quale afferma che il viaggio fu effettivamente compiuto nel 1901.
Per quel che riguarda la datazione del viaggio, sorgono dubbi sulle affermazioni di Guido Guerrini nella prefazione ai Sonetti Romagnoli (1920, XXXVI-XXVII), il quale afferma che il viaggio fu effettivamente compiuto nel 1901.
La scorribanda ciclistica,
organizzata dal Tcci (Touring Club Ciclistico Italiano), fu lo spunto per il
poeta di parlare e raccontare delle sue grandi passioni: la bicicletta e la
gastronomia; quest’ultima infatti, trova uno spazio assai rilevante tra i
versi, fornendo indicazioni e giudizi sulla cucina e sulle specialità delle
città visitate. Non mancano commenti sui vini, sulle osterie e sui ristoranti,
commenti, a dire il vero, non sempre lusinghieri. Questa pagina considerata
dalla critica un divertimento leggero del poeta, che parla solamente del suo
viaggio in bicicletta e racconta in maniera spassosa i luoghi e le specialità
culinarie delle città che attraversa è, in realtà, una testimonianza veritiera
del carattere e dell’animo del Guerrini. In questi versi si ritrovano lo
spirito e il sarcasmo che sono in tutta la produzione dialettale, ma sono
dedicati, in toto, al viaggio e alla bicicletta. Il cicloturista Guerrini, in
queste rime, parla di ciò che ama realmente, della bellezza della scoperta
dell’Italia attraverso le due ruote e parla, in prima persona, delle curiosità
eno-gastronomiche che trova lungo il suo percorso. Vero è che ne parla
attraverso gli occhi di Pulinera, la maschera del ravennate colto e
provincialista, il borghese pronto a viaggiare e a scoprire, pronto anche a
rimpiangere la sua Romagna e la sua cucina, che ama vedere città nuove ma che,
in fondo, non vede l’ora di rimettere piede a Ravenna per tornare a bere dalla Zabariona,
l’osteria più famosa della città.
Fonte: www.storiaefuturo.com
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