di Francesco Balilla Pratella
Tratto da la Piè n.11, novembre 1927
In fondo alla piazza di Castel Bolognese c’è un’antica torre
medioevale che fa la guardia, chissà da quanti secoli, eretta a cavalcioni di
una caratteristica porta a sesto acuto e vigilante davanti e di dietro col
doppio monocolo di un quadrante d’orologio: e suona fedelmente le ore ed i
quarti ai buoni castellani ed è l’asilo prediletto di una garrula colonia di
rondoni, fantasiosi ricamatori del cielo nei tramonti primaverili. Un anno fa, o circa, una miserevole catapecchia dell’altezza pressapoco
dell’arco portale si appoggiava a guisa di un ubbriaco al fianco destro della
torre, deturpando così l’austera compostezza e simmetria della figura del
gigante ed ostruendo quasi il passaggio alla gente da quella parte. Come fare a
liberare il gigante dal parassita inestetico, che copriva subdolamente sotto il
suo cappuccio di vecchie tegole sgretolate l’unica e più sgretolata scala di
accesso alle viscere del secolare banditore del tempo? Senza la scala
l’orologio si sarebbe fermato, la campana non avrebbe più cantato le ore e così
i buoni castellani miei amici avrebbero smarrito l’ora del desinare e gli
scolarelli quella di andare alla scuola. Ma per fortuna a Castel Bolognese, oltre alla torre ed ai rondoni e ad altre
ottime cose, c’è anche e soprattutto Nicola, quello dei violini: che sa
trovar rimedio per ogni difficile occorrenza, a somiglianza di quei nostri artefici italiani di un tempo, autodidatti e dall’ingegno multiforme, i quali solevano e potevano improvvisare i più geniali ed insospettati congegni, secondo il bisogno e nel campo dell’arte e della scienza applicata: dei quali Nicola è l’ultimo esemplare superstite. Nicola ha detto: "Faccio io, lasciate fare a me".
trovar rimedio per ogni difficile occorrenza, a somiglianza di quei nostri artefici italiani di un tempo, autodidatti e dall’ingegno multiforme, i quali solevano e potevano improvvisare i più geniali ed insospettati congegni, secondo il bisogno e nel campo dell’arte e della scienza applicata: dei quali Nicola è l’ultimo esemplare superstite. Nicola ha detto: "Faccio io, lasciate fare a me".
Giù la catapecchia, giù la scala: Nicola s’improvvisa disegnatore, meccanico,
fabbro, archeologo. Timori e dubbi d’increduli, ironie e proteste d’ingegneri,
accorrere di sovrintendenti alla conservazione dei pubblici monumenti,
peregrinazioni burocratiche di scartafacci.
Ma Nicola ha detto: " Faccio io, lasciate fare a me". E per la verità Nicola
ha fatto e magnificamente. Per lui solo, oggi, l’antico gigante non patisce più l’onta di dover sostenere
e sopportare un vile nano parassita, possiede una bella porticina stilizzata
nel fianco alto, che non gli compromette minimamente la dignità del portamento.
Sotto la porticina, da un lato, si vede uno sportellino. Aperto questo con una
chiavetta, si ritrova una manovella innestata in un perno girevole: può manovrarla
anche un fanciullo, tanto è agile. Girando la manovella con una sola mano, la
porticina di sopra si muove, si abbassa ed a poco a poco si ribalta e da essa
si snoda una leggera scaletta di ferro e legno, che arriva a toccar terra.
Il custode dell’orologio può salire: i due monocoli hanno assicurata la vita
per il moto delle loro lancette, le ore trovano sempre pronta la voce per
annunziarsi ai buoni castellani: è l’ora del desinare, è l’ora di andare alla
scuola.
Ed i rondoni, nei tramonti primaverili, ricamano nel cielo d’oro il nome di
Nicola con un mobile geroglifico d’ali.
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